Tratto dallo speciale:

ISTAT: il caro energia brucia i margini d’impresa

di Alessandra Gualtieri

12 Ottobre 2022 10:30

Impatto del caro prezzi energetici sui margini operativi delle imprese italiane: numeri e simulazioni ISTAT su redditività e ricadute occupazionali.

I margini operativi lordi (MOL) delle imprese italiane sono minacciati dal caro energia, che con impatto differente a seconda del settore produttivo, potrebbero subire forti cali mettendone a rischio l’operatività.

Lo stima l’ISTAT, con una simulazione che accompagna l’aggiornamento mensile sull’andamento dell’economia italiana, in base alla quale l’aumento dei costi dell’energia potrebbe rendere negativi i margini operativi di una quota pari all’8,2% delle imprese attive che impiega circa il 20% degli addetti. Si tratta di circa 355mila imprese, d cui 307mila nel comparto dei servizi (9,1%) e 47.600 circa nell’industria (5,4%).

Ad oggi è ragionevole presumere un impatto eterogeneo sui margini di profitto delle imprese.

Non si tratta certo di una sorpresa. L’effetto combinato del caro energia, dell’inflazione e degli aumenti per carburanti e materie prime sta mettendo a durissima prova il tessuto produttivo del Paese ormai da mesi. Come sottolinea l’ISTAT, l’impatto complessivo sulle singole imprese dipende dal grado di utilizzo delle diverse fonti e dall’ambito operativo.

La simulazione ISTAT

Nel 2019, l’incremento dei prezzi dei beni energetici avrebbe determinato un MOL negativo per 355mila imprese per un totale di 3,4 milioni di addetti coinvolti (2,5 milioni nei servizi e 85mila nell’industria).

Nell’industria, si va dal 57,9% della carta con MOL negativo al 41,7% della metallurgia. Nel tessile l’incidenza sarebbe inferiore (21,2%) ma riguarderebbe una grossa quota di addetti (41,5%). Nei servizi l’impatto è meno elevato ma gli impatti occupazionali restano alti (oltre un terzo del totale).

Effetti su redditività prezzi e occupazione

A settembre, ricordiamo, l’inflazione ha segnato una variazione tendenziale dell’indice per l’intera collettività (NIC) pari all’8,9% (+8,4% il mese precedente).

C’è poi anche un altro fattore da considerare: l’eventualità di trasferire sui prezzi di vendita gli extra-costi subiti per ridurre gli effetti sulla redditività, che a sua volta mette a rischio anche i livelli occupazionali.

Come rileva l’ISTAT, ad agosto proseguono i segnali di flessione dell’occupazione, con occupati in calo rispetto a luglio (-0,3% pari a -74mila unità) e aumento degli inattivi (+0,7% pari a 91mila unità).