Tratto dallo speciale:

Le buone pratiche ESG migliorano accesso al credito e performance

di Barbara Weisz

6 Ottobre 2022 12:00

Migliori performance e più credito per imprese con alta valutazione ESG, che tra l'altro rischiano il default cinque volte meno: il report Cerved.

Le pratiche di sostenibilità ESG (Ambiente, Sociale, Governance) migliorano il rating delle imprese consentendo un miglior accesso al credito e riducendo i rischi di default, ma i criteri previsti dal Regolamento UE sulla classificazione delle attività economiche (Tassonomia) presenta rigidità rispetto al mercato italiano, dove solo il 30% è già in linea.

Sono le evidenze della seconda edizione di ESG Connect, il report di Cerved Rating Agency sul grado di sostenibilità delle imprese e sull’impatto in termini di credito e perfomance aziendali.

Vediamone in dettaglio come si configurano le aziende con elevato score ESG e qual è lo scenario in Italia.

Pratiche ESG: impatto sul default

Cerved Rating Agency ha sviluppato un approccio evoluto di soluzioni e valutazioni ESG per comprendere quali fattori ambientali, sociali e di governance possano tradursi in rischi e opportunità per le imprese e quale sia il loro impatto sugli elementi economico-finanziari, anche tenendo conto degli elementi che possono incidere sui modelli di business o sull’orientamento strategico delle aziende.

Le società con valutazione ESG bassa hanno probabilità di fallimento fino a 5 volte superiori rispetto a quelle virtuose. Nelle piccole imprese la forbice va dal 7,25% all’1,55% mentre nelle aziende medio-grandi dal 3% allo 0,9% rispettivamente.

Performance ESG di filiera

La valutazione è legata a doppio nodo al settore di attività:

  • per esempio, per un’azienda chimica o dei settori edilizia e metallurgia rileva il fattore Ambiente (gestione dei materiali e rifiuti pericolosi, emissioni di CO2 e inquinamento dei suoli e dell’aria).
  • Nel retail o logistica incide la componente Sociale, i rischi di salute e le condizioni lavorative per le maestranze, l’impatto sulla comunità di riferimento e la sicurezza dei prodotti trasportati.
  • Infine, la variabile Governance è  rilevante nei settori influenzati dal rispetto di regolamenti, licenze e permessi o da normative emergenti come la Tassonomia (estrattivo e real estate), mentre l’esposizione a corruzione, riciclaggio, frode e comportamenti anticoncorrenziali pesano sul sistema bancario e finanziario e sulle costruzioni.

Tassonomia UE: scenario in Italia

La classificazione delle attività economiche che possono dirsi sostenibili, secondo specifici parametri e a cui devono fare riferimento finanziatori e investitori nel favorire la transizione ecologica, risulta al momento ancora poco rispondente allo scenario reale, come ha spiegato Fabrizio Negri, amministratore delegato di Cerved Rating Agency.

La nostra ricerca mostra come al momento solo poco meno del 30% delle aziende italiane sia considerata ammissibile con tale Regolamento europeo, riducendo di fatto il numero delle imprese o segmenti di business che possano beneficiare dell’accesso agli strumenti di finanza sostenibile. È solo al momento ipotizzabile che le future evoluzioni della tassonomia porteranno a una riduzione di questo gap iniziale.

L’analisi di scenario vede i leader (imprese che offrono beni e servizi funzionali al raggiungimento degli obiettivi di Parigi in tema di surriscaldamento globale) godere di un vantaggio competitivo in termini di minor rischio di default (-16% al 2025 e -23% al 2030) e maggior accesso ai finanziamenti.  Si va dalla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili a quella di batterie, all’efficientamento edilizio alle soluzioni data-driven per la riduzione di emissioni.

Al contrario, la probabilità di default (stimata per effetto di un’analisi di stress) dei settori più esposti alla transizione green (laggard) è prevista aumentare del 10% al 2025 e del 16.4% al 2030. Per questo gruppo potrebbe delinearsi in termini generali un deterioramento significativo della qualità creditizia dovuto al calo della domanda per i prodotti o servizi offerti: in assenza di investimenti massicci, tali imprese potrebbero essere svantaggiate dalle difficoltà di allineamento alla tassonomia green nei prossimi anni.

Ad ogni modo, solo il 40% delle imprese che presenta dati ESG sulle proprie filiere adotta un approccio strutturato, misurando le performance.